OTTONE II di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero (? 955-Roma 983). Figlio di Ottone I e di Adelaide di Borgogna, fu associato dal padre all’impero e incoronato a Roma da Giovanni XIII nel 967. Succeduto al padre nel 973 nell’impero e nei regni di Germania e d’Italia, condusse nei primi anni con successo una spedizione contro Harald Dente Azzurro di Danimarca (974) e represse una ribellione suscitata dal cugino Enrico il Litigioso, duca di Baviera, e appoggiata da Boleslao II di Boemia (974-978). Il grande ducato di Baviera fu ridotto a proporzioni più modeste: Ottone II ne avocò a sé il nucleo più importante ed eresse a ducati la Carinzia e la Marca Orientale (Austria), a favore, questa, di Leopoldo di Babenberg. Anche la Boemia fu sottratta alla precedente influenza bavarese, e il vescovato di Praga, appena istituito, fu sottoposto all’arcivescovo di Magonza. Per il dominio della Lorena Ottone II si scontrò con Lotario re di Francia: questi avanzò fino ad Aquisgrana, l’imperatore si spinse a sua volta fin presso Parigi (978); dopo di che i due sovrani si riconciliarono (ma Lotario non abbandonò le sue aspirazioni e tornò all’attacco dopo la morte dell’imperatore). Ottone II scese poi in Italia allo scopo di scacciare dal Mezzogiorno gli Arabi e possibilmente anche i Bizantini (980); ma, dopo una serie di operazioni di scarso rilievo, fu sconfitto dagli Arabi dell’emiro di Sicilia ?Abd al-Kassem a Capo Colonne (982) e costretto a interrompere l’impresa. Recatosi a Verona, vi presiedette una solenne Dieta, che deliberò la ripresa della guerra nel Mezzogiorno ed elesse nel 983 re di Germania il bambino Ottone III, figlio suo e della bizantina Teofano. L’imperatore si rimise in viaggio per il sud ed era già nel Molise, quando deviò per Roma per assicurare la successione di papa Giovanni XIV (Pietro, vescovo di Pavia e suo arcicancelliere per l’Italia) a Benedetto VII, morto poco prima; e a Roma, non del tutto tranquilla, morì d’improvviso il 7 dicembre. Fu sepolto in S. Pietro. Continuatore della politica paterna, riuscì a conservarne intatta l’eredità, ma spostò sensibilmente l’asse dell’impero verso l’Italia.
Il centro storico di Lazise conserva intatto il fascino medievale che le sue origini hanno impresso nell’impianto urbano delle sue vie e delle sue piazze, racchiuse da solide mura e dal castello scaligero che vigila con l’imponenza delle sue torri. Cittadina di consolidata vocazione turistica, come lo sono tutti i centri in riva al Benaco, oltre alle bellezze storiche e al paesaggio che la circonda, gode di una
splendida passeggiata a lago, pavimentata a onde, quasi per confondere il confine del lago con le case. Lungo questo percorso, incastonata nel terrapieno di una villa, c’è una lapide di marmo Rosso Verona che ricorda a tutti i passanti che Lazise è il più antico comune d’Italia: “Il 7 maggio 983 l’imperatore Ottone II concesse agli originari di Lazise (18 quibusdam hominibus in terra et castro Lazisii morantibus) il privilegio di imporre diritti di transito e di pesca, il toloneo, il ripatico e di fortificare il borgo con mura turrite”.
Fu infatti l’imperatore Ottone II che in occasione della dieta convocata a Verona nell’anno 983 ricevette 18 uomini rappresentanti la popolazione di Lazise (fra loro c’era anche il presbitero Gisemperto) e concesse loro dei privilegi che di fatto significavano “autonomia amministrativa”.
Questo fatto storicamente è molto importante: Ottone II era di ritorno dal sud d’Italia, sconfitto dai Saraceni; aveva bisogno di rafforzare il suo prestigio, consolidando antiche alleanze. L’interessamento imperiale mirava ora alle nuove realtà sociali emergenti, strategicamente importanti dal punto di vista geografico, militare e politico, per un più efficace controllo del territorio. Prima di questo periodo era usanza degli imperatori concedere beni e privilegi a favore di monasteri e vescovi-principi, in cambio di servigi e sottomissione; mai erano stati fatti a delle comunità, soprattutto in territori extra urbani. Lazise ebbe dunque per primo questo privilegio; i suoi abitanti vanno giustamente orgogliosi di questo primato al punto che, da alcuni anni, l’Amministrazione comunale ha promosso la rievocazione storica di questo evento.
Ai primi di maggio la stagione turistica è già iniziata, e così la manifestazione assume valenza folkloristica e promozionale.
Per un giorno la piazza e le vie del paese vengono coinvolte da questo clima medievale, promosso dai vari personaggi in costume d’epoca, sgargianti di velluti e broccati, di drappi colorati che ornano i destrieri, di bandiere roteate verso il cielo.
La rievocazione inizia con il corteo di Ottone II a cavallo, attorniato dagli armigeri e dai dignitari di corte, dalle dame e dai musici, i quali fanno il loro ingresso da porta San Zeno e proseguono per vie e calli della città murata; ad attenderlo in piazza, poi, c’è il Sindaco con gli amministratori comunali. L’araldo legge il testo del diploma, in modo da informare tutta la popolazione dei privilegi concessi; dopodiché Ottone lo firma e lo consegna al primo cittadino. I nobili personaggi al seguito dell’imperatore omaggiano gli amministratori con doni preziosi, mentre l’araldo decanta le origini e le loro valorose gesta.
L’ufficialità rappresenta il momento clou della rievocazione; ma già dal mattino presto, in loc. Marra, attorno all’antico porto, alla chiesetta romanica di San Nicolò, ai margini della piazza, viene ricreata l’atmosfera della vita medievale e dell’accampamento dei guerrieri. Le antiche arti i mestieri sono rappresentate da artigiani che in costume d’epoca, con gli arnesi e la tecnica medievale, producono in loco vasellame, corde, filati e tessuti, oggetti di ogni genere, necessari per il vivere quotidiano.
La gente che osserva queste esibizioni, persone che giungono dal circondario o dalla città, turisti che sono arrivati per le prime vacanze, forse non colgono tutto il significato di questa rievocazione, però ne restano impressionati e appassionati al tempo stesso. Per i locali, eredi di quegli antichi privilegi, la rievocazione è motivo di orgoglio e consapevolezza che Lazise è veramente il “primo comune d’Italia”.
In nome della Santa indivisibile Trinità. Ottone con il favore della divine clemenza augusto Imperatore dei Romani.
Se daremo ascolto alle giuste richieste dei nostri fedeli non dubitiamo di averli più devoti nell’ossequio alla nostra corte feudale.
Motivo per il quale sappiamo tutti i fedeli della santa chiesa di Dio, presenti e futuri, che per intervento e supplica di Riprando nostro fedele, in virtù di questo nostro precetto, in quanto giustamente e legalmente ci è consentito, abbiamo concesso, donato e offerto a determinati uomini abitanti nella terra e nel castello di Lazise, nominativamente a Manfredo, Cuprando, Adelberto, Pietro, Witelao, Adelmario, Gandino, Gatuerto, Eginolfo, Simperto, Gisemperto prete, Lazzaro, Procolo, Raguito, Anduillo, Condiuto, Almenfredo, Eristario, il diritto di imposizione fiscale e cioè i diritti di ripatico, transito e di pesca fin dove si estende l’ambito di quella terra e castello del nostro lago Benaco è fin dove si estende il porto, che è di pertinenza di quella terra e castello.
Inoltre concediamo ai medesimi la facoltà di rafforzare il castello da una parte di quella terra e lago e di munirlo tutto intorno di difese e merli; e di riscuotere da tutti i Lombardi qui transitanti due imperiali per persona inoltre di riscuotere da essi il ripatico, il diritto di misurazione e il diritto di mercato da tutti gli uomini di là transitanti con le loro mercanzie e al nostro diritto e dominio trasferiamo, deleghiamo e concediamo quanto sopra del tutto in loro diritto e dominio affinché essi e i loro eredi e successori abbiano, tengano e fermamente possiedano in perpetuo quanto concesso, rimossa ogni contraddizione da parte di tutti e che nessuno osi pescare in quella pescheria senza la parola e il consenso dei medesimi uomini, dei loro eredi e successori.
Pertanto se qualcuno sarà trovato contravventore di questo nostro precetto sappia che dovrà pagare una composizione di 40 lire di ottimo oro, metà dovute alla Camera nostra e metà agli uomini predetti e ai loro eredi e successori.
E affinchè quanto sopra venga creduto più vero e rispettato più diligentemente da tutti, abbiamo ordinato di munire questo nostro precetto in basso del sigillo nostro, rafforzandolo con le nostre stesse mani.
Segno del signor Ottone Imperatore invittissimo dei Romani.
Io Adelberto cancelliere ho proceduto alla ricognizione in nome del signor Pietro vescovo e archicancelliere.
Dato alle none di maggio nell’anno dell’incarnazione del Signore DCCCCLXXXIII indizione XI, ventiseiesirno anno di regno del Signor Ottone secondo, dell’Impero suo decimosesto; fatto felicemente a Verona in nome di Cristo, amen.
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